Studio OAT: tutti i pazienti che sopravvivono a un infarto miocardico dovrebbero essere trattati con un beta-bloccante


Nei pazienti con infarto miocardico acuto, il rapido ripristino del flusso sanguigno nell’arteria coronarica associata all’infarto migliora la funzione sistolica ventricolare sinistra e riduce la mortalità.

La riperfusione dell’arteria correlata all’infarto più di 12 ore dopo l’insorgenza di infarto non produce benefici.

Tuttavia, diversi studi clinici hanno evidenziato che gli effetti della riperfusione sulla funzione ventricolare sinistra e sulla sopravvivenza potrebbero essere indipendenti tra loro.
Ad esempio, nello studio Western Washington Trial, la terapia fibrinolitica con Streptochinasi ha migliorato la sopravvivenza senza migliorare la funzione ventricolare sinistra.

Sulla base di questi dati è stata elaborata l’ipotesi dell’arteria aperta, in cui il ripristino del flusso sanguigno nell’arteria correlata all’infarto giorni, settimane o anche diversi mesi dopo l’infarto miocardico può migliorare la sopravvivenza anche senza miglioramento della funzione ventricolare sinistra.

Diversi medici hanno dato credito all’ipotesi ed hanno sottoposto i propri pazienti ad intervento coronarico percutaneo ( PCI ) giorni o settimane dopo l’evento acuto dell’infarto miocardico, ritenendo che il ripristino del flusso sanguigno anterogrado potesse ridurre la morbilità e la mortalità.

Lo studio OAT ( Occluded Artery Trial ), prospettico, randomizzato, di ampie dimensioni, ha mostrato che il ripristino tardivo ( 3-28 giorni ) del flusso anterogrado non riduce né la progressione della malattia e neppure la percentuale di morte.

David L. Hillis dell’University of Texas Southwestern Medical Center di Dallas e Richard A. Lange del Johns Hopkins Medical Institutions di Baltimora hanno cercato di spiegare perchè i dati dello studio OAT contrastano con i dati precedentemente pubblicati.

A) Gli studi precedenti lo studio OAT erano retrospettivi e non randomizzati, pertanto, bias possono aver portato a conclusioni errate.

B) L’ampio impiego di beta-bloccanti nello studio OAT può aver oscurato i potenziali vantaggi del ripristino del flusso anterogrado dell’arteria correlata all’infarto.

I beta-bloccanti sono efficaci nel migliorare la sopravvivenza tra i pazienti con arteria persistentemente occlusa dopo infarto miocardico.

Studio OAT: quali ricadute ?

Tutti coloro che sopravvivono ad un infarto miocardico dovrebbero essere trattati con un beta-bloccante, a meno che i pazienti non tollerino questi farmaci o che i beta-bloccanti siano controindicati.
Solo una minoranza ( 10-15% ) dei pazienti non può essere trattata con beta-bloccanti ed in questo caso può risultare utile la riperfusione tardiva. ( Xagena_2006 )

Fonte: The New England Journal of Medicine, 2006




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