Lo studio SURVIVE non ha mostrato benefici del Levosimendan rispetto alla Dobutamina nei pazienti con insufficienza cardiaca scompensata in acuto


L’insufficienza cardiaca scompensata è responsabile di 3 milioni di ricoveri ospedalieri solo negli Stati Uniti.

I farmaci isotropi, attualmente impiegati nell’insufficienza cardiaca acuta ( Dobutamina, Milrinone, Nesiritide ) sono associati ad un aumentato rischio di mortalità.

Levosimendan ( Simdax ) è un nuovo farmaco calcio-sensibilizzante, che attiva i canali del potassio ATP-dipendenti della muscolatura liscia vascolare producendo vasodilatazione.

Il risultante miglioramento della funzione cardiaca e del flusso sanguigno può fornire un supporto emodinamico nei pazienti con insufficienza cardiaca scompensata.

Lo studio SURVIVE ha valutato l’effetto del Levosimendan nei confronti della Dobutamina riguardo alla morte e agli eventi clinici maggiori tra i pazienti ospedalizzati per insufficienza cardiaca acutamente scompensati.

Lo studio SURVIVE-W ha arruolato 1327 pazienti con frazione d’eiezione ventricolare sinistra inferiore al 30% con insufficiente risposta ai diuretici per via endovenosa e/o ai vasodilatatori e con almeno uno dei seguenti parametri:

1) oliguria dovuta ad ipovolemia;

2) dispnea persistente a riposo;

3) ventilazione meccanica per insufficienza cardiaca;

4) emodinamica invasiva di pressione capillare polmonare ( 18mmHg e/o indice cardiaco inferiore o uguale a 2.2l/min x m2 ).

I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere Dobutamina ( dose minima 5microg/kg x min, per 2 ore ) oppure Levosimendan ( bolo di 12microg/kg seguito da 0.2microg/kg x min ).

L’end point primario era rappresentato dalla mortalità entro 180 giorni.

Lo studio è stato condotto in 8 Paesi Europei ed in Israele.

L’incidenza dell’end point primario è stato del 26% nel gruppo trattato con Levosimendan e del 28% nel gruppo Dobutamina ( hazard ratio, HR = 0.91 ).

Nessuna differenza, invece, è stata osservata nell’incidenza dell’end point secondario, la mortalità per tutte le cause entro 31 giorni ( 12% versus 14% per Levosimendan e Dobutamina, rispettivamente; HR = 0.85 ).

Un’analisi post hoc che ha valutato la mortalità per tutte le cause entro 5 giorni ha mostrato un trend a favore di Levosimendan ( 4% versus 6%; HR = 0.72 ).
Il trend è risultato più significativo tra i pazienti con una storia di insufficienza cardiaca ( HR = 0.58 ).

Nessuna differenza è stata osservata nell’incidenza di ipotensione, tachicardia ventricolare e cambiamenti plasmatici della creatinina.

La fibrillazione atriale è risultata più comune nel gruppo Levosimendan, mentre l’insufficienza cardiaca era più comune nel gruppo Dobutamina.

Una più marcata e persistente riduzione nei livelli del peptide natriuretico cerebrale ( BNP ) è stata osservata nel gruppo Levosimendan rispetto al gruppo Dobutamina.

Lo studio SURVIVE ha fallito nel dimostrare i benefici della Levosimendan, rispetto alla Dobutamina.
Infatti, nessuna differenza è stata osservata sia nell’end point primario che in quello secondario.

Le possibili implicazioni cliniche della riduzione dei livelli di BNP non sono chiare.

I risultati dello studio SURVIVE dovrebbero, tuttavia, essere interpretati assieme ai risultati dello studio REVIVE-2 che ha valutato il Levosimendan rispetto al placebo.

Lo studio REVIVE-2 ha mostrato un aumento del 33% nella proporzione di pazienti con miglioramento dei sintomi e una riduzione del 30% nella proporzione di pazienti con peggioramento dell’insufficienza cardiaca rispetto al placebo.
Di contro è stata osservata un’aumentata mortalità a 90 giorni ( 15.1% versus 11.6% ) ed un marcato aumento degli effetti indesiderati, tra i quali ipertensione, tachicardia ventricolare, fibrillazione striale, tra i pazienti trattati con Levosimendan. ( Xagena_2006 )

Fonte: American Heart Journal, 2006




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