Più alto rischio di eventi coronarici acuti associato a Dabigatran etexilato


Una meta-analisi ha evidenziato per Dabigatran etexilato ( Pradaxa ) un aumentato rischio di infarto del miocardio o sindrome coronarica acuta in un ampio spettro di pazienti rispetto al gruppo di controllo.

La meta-analisi ha incluso 30.514 soggetti arruolati in sette studi clinici randomizzati, di cui due studi sulla prevenzione dell’ictus in pazienti con fibrillazione atriale ( PETRO e RE-LY ), uno studio sul trattamento della trombosi venosa profonda ( RE-COVER ), uno studio nei pazienti con sindrome coronarica acuta ( RE-DEEM ) e tre studi sulla profilassi del tromboembolismo venoso in chirurgia ortopedica maggiore ( RE-NOVATE, RE-MODEL e RE-NOVATE II ). Il braccio di controllo ha incluso la somministrazione di Warfarin ( Coumadin ), Enoxaparina ( Clexane ) o placebo, in base allo studio relativo.

L’associazione di Dabigatran etexilato con l’insorgenza di infarto miocardico o sindrome coronarica acuta è stata valutata con il test di Mantel-Haenszel ( M-H ) ed espressa sotto forma di odds ratio ( OR ), con un limite di confidenza ( CI ) del 95%.

L’utilizzo di Dabigatran è risultato significativamente associato a un rischio aumentato di infarto miocardico o di sindrome coronarica acuta rispetto all’utilizzo dei farmaci del gruppo di controllo ( Dabigatran 237/20.000 [ 1.19% ] vs controllo, 83/10.514 [ 0.79% ]; ORM-H, 1.33; 95% CI, 1.03-1.71; P =0.03 ).

Tra gli studi considerati, lo studio RE-LY ha incluso il 74% degli eventi ed ha coinvolto il 59% dei pazienti totali inclusi nella meta-analisi. Lo studio infatti ha arruolato oltre 18.000 pazienti affetti da fibrillazione atriale e a rischio di ictus per un periodo mediano di osservazione di circa due anni.

Nella sua pubblicazione originale ( Connolly SJ et al., 2009 ), Dabigatran 150 mg somministrato due volte al giorno ha riportato un incremento significativo del 38% di infarto miocardico rispetto a Warfarin ( RR=1.38; 95% CI, 1.00-1.91; P=0.48).
Una revisione successiva dei dati dello stesso studio ( Connolly SJ et al., 2010 ), ha identificato nuovi eventi di infarto miocardico che hanno ridotto la significatività del rischio di infarto miocardico rispetto a Warfarin al 27% ( rischio relativo, RR=1.27; 95% CI, 0.94-1.71; P=0.12 ).

Il rischio di infarto miocardico o di sindrome coronarica acuta è risultato significativamente aumentato per Dabigatran anche quando la meta-analisi ha utilizzato i dati rivisti dello studio RE-LY ( ORM-H, 1.27; 95% CI, 1.00-1.61; P =0.05 ) o dopo l’esclusione di studi a breve termine ( inferiori o uguali a 1 mese ) ( ORM-H, 1.33; 95% CI, 1.03-1.72; P =0.03 ).

Non si conoscono ad oggi i meccanismi farmacologici che spieghino l’aumentato rischio di infarto miocardico e di sindrome coronarica acuta associato a Dabigatran. Nessun segnale analogo è stato riscontrato per Rivaroxaban ( Xarelto ) e Apixaban ( Eliquis ), testati in ampi studi analoghi in pazienti con fibrillazione atriale.

Gli Autori hanno concluso sottolineando l’importanza di ulteriori valutazioni per Dabigatran, specialmente se utilizzato in popolazioni di pazienti ad alto rischio di infarto miocardico o di sindrome coronarica acuta. ( Xagena_2012 )

Uchino K, Hernandez AV, Arch Intern Med 2012; 172: 397-402



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