EMPRISE: Empagliflozin è associato a una riduzione del rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco


I risultati preliminari dello studio di real life EMPRISE, derivanti dall’analisi dei dati di circa 35.000 soggetti con diabete mellito di tipo 2, nel periodo 2014-2016, sono stati presentati durante l’edizione 2018 del Congresso dell’American Heart Association ( AHA ).

Questi risultati rafforzano quelli dello studio EMPA-REG OUTCOME, che hanno dimostrato una riduzione del rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco del 35% con Empagliflozin rispetto a placebo, aggiunto a terapia standard, in soggetti con diabete mellito di tipo 2 e malattia cardiovascolare accertata.

Lo studio di real life EMPRISE, quando sarà completato, fornirà il quadro clinico su Empagliflozin nella pratica clinica quotidiana, includendo dati comparativi relativi a efficacia, sicurezza, costi e utilizzo di risorse sanitarie, rispetto agli inibitori DPP-4 ( dipeptidil-peptidasi IV ) comunemente impiegati, nel periodo compreso fra il 2014 e il 2019.

Al suo completamento, EMPRISE avrà analizzato i dati sanitari di oltre 200.000 soggetti con diabete mellito di tipo 2, dai database di due operatori sanitari privati statunitensi e dal programma Medicare.

Dal 2019, altri studi EMPRISE sui benefici di Empagliflozin nella pratica clinica quotidiana riguarderanno anche Asia ed Europa, per fornire informazioni relative ad altre aree geografiche mondiali, ai fini di acquisire una prospettiva internazionale.

Sono stati avviati due vasti programmi di studi clinici per migliorare gli esiti e ridurre morbilità e mortalità nei pazienti affetti da scompenso cardiaco.
EMPEROR HF comprende due studi di fase III, che valutano Empagliflozin come terapia in adulti con scompenso cardiaco cronico e includono non solo adulti con diabete di tipo 2 e scompenso cardiaco, ma anche soggetti non-diabetici con scompenso cardiaco.
EMPERIAL comprende due studi di fase III, che valutano gli effetti di Empagliflozin sulla capacità di svolgere esercizio fisico e sui sintomi dello scompenso cardiaco, in soggetti con scompenso cardiaco cronico con o senza diabete di tipo 2.

Lo scompenso cardiaco è una patologia progressiva, invalidante e potenzialmente fatale, che si verifica quando il cuore è incapace di perfondere adeguatamente gli organi attraverso la sua attività di pompa cardiaca.
I suoi sintomi comprendono, tra gli altri, difficoltà respiratorie, edema ( prevalentemente agli arti inferiori ) e affaticamento.
E’ una malattia frequente, con impellente necessità di nuove terapie: ne sono affette, infatti, 26 milioni di persone nel mondo e circa il 45% di chi riceve una diagnosi di scompenso cardiaco muore entro un anno dalla diagnosi.
Lo scompenso cardiaco è, inoltre, la principale causa di ricovero nei soggetti dai 65 anni in su, negli Stati Uniti e in Europa.
E’ altamente prevalente nei diabetici, anche se circa la metà dei soggetti con scompenso cardiaco non è diabetico.

Sono più di 425 milioni i diabetici nel mondo e le stime indicano che in oltre 212 milioni di essi la malattia non è diagnosticata.
Il diabete di tipo 2 è la forma più diffusa, che rappresenta, infatti, circa il 90% dei casi, nei Paesi ad alto reddito.
Il diabete è una malattia cronica, che insorge quando l’organismo non è più in grado di produrre o utilizzare in modo adeguato l’ormone insulina.
Gli elevati livelli di glicemia, l’ipertensione e l’obesità associate al diabete aumentano il rischio di sviluppare malattia cardiovascolare, che è la principale causa di mortalità associata al diabete.
Il rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare è da due a quattro volte superiore nei diabetici rispetto ai non-diabetici.
Nel 2017, il diabete ha causato quattro milioni di morti nel mondo, e la malattia cardiovascolare è stata la causa principale di morte. Circa il 50% della mortalità in soggetti con diabete di tipo 2 nel mondo è dovuta a malattia cardiovascolare.
Avere una storia di diabete a 60 anni, può ridurre la speranza di vita di ben sei anni rispetto a un non-diabetico; ed essere un diabetico con storia di infarto o ictus a 60 anni, può ridurre la speranza di vita persino di 12 anni, rispetto a chi non si trova in queste condizioni.
Sono oltre 50 le Linee Guida che dal 2016 sono state aggiornate a favore di terapie del diabete di tipo 2 dai comprovati benefici cardiovascolari, tra cui un recente Consensus Report su iniziativa dell’American Diabetes Association e della European Association for the Study of Diabetes, in cui si raccomanda l’impiego di inibitori SGLT2 o agonisti del recettore del GLP1, con comprovati benefici cardiovascolari nell’ambito della gestione glicemica in pazienti con diabete di tipo 2 e malattia cardiovascolare di origine aterosclerotica confermata.

Empagliflozin è un inibitore del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 ( SGLT2 ) orale, altamente selettivo, in monosomministrazione giornaliera, ed è il primo farmaco per il diabete mellito di tipo 2 che, in diversi Paesi, comprende fra le indicazioni la riduzione della mortalità per cause cardiovascolari.
L’inibizione del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 realizzata da Empagliflozin in soggetti con diabete di tipo 2 comporta l’eliminazione del glucosio in eccesso per via urinaria.
Inoltre, l’avvio della terapia con Empagliflozin aumenta l’eliminazione di sodio dall’organismo e riduce il carico di liquidi sul sistema vascolare.
Empagliflozin induce cambiamenti a livello di metabolismo del glucosio, del sodio e idrico, che possono contribuire alla riduzione della mortalità per cause cardiovascolari, osservata nello studio EMPA-REG OUTCOME. ( Xagena_2018 )

Fonte: Boehringer Ingelheim & Lilly, 2018

Xagena_Medicina_2018