Obesità materna e comparsa di diabete durante la gravidanza rappresentano due condizioni metaboliche sfavorevoli per il normale sviluppo del bambino


Una condizione di obesità già presente prima di affrontare la gravidanza e l’eccessivo aumento di peso durante la gravidanza, soprattutto se complicato dal diabete gestazionale, si associano a conseguenze sfavorevoli sia a livello ostetrico ( cioè per la madre ) che neonatale ( rischio di parto pre-termine, ricorso a parto cesareo, aumentata mortalità perinatale, maggiore frequenza di macrosomia cioè di peso alla nascita superiore a 4 Kg e difetti dello sviluppo nella prole ).

Le alterazioni metaboliche materne, condizionando l’ambiente uterino, possono influenzare la traiettoria di sviluppo fetale che proseguirà fino alla vita adulta e condizionerà il rischio metabolico a lungo termine.

Uno studio ha analizzato in un gruppo di 504 pazienti affette da diabete gravidico, gli effetti di un trattamento multidisciplinare ed intensivo ( stretto controllo glicemico e nutrizionale per garantire parametri metabolici sovrapponibili a quelli di una gravidanza fisiologica ).
Questo approccio è in grado di ridurre notevolmente la frequenza di complicanze neonatali, e si associa a un abbattimento delle ipoglicemie neonatali e della prevalenza di macrosomia o di neonati grandi per epoca gestazionale’ (LGA). Raggiungere gli obiettivi metabolici in gravidanza e tenerli sotto stretto controllo è dunque fondamentale.
E' stato ipotizzato che quello che succede a livello dell’ambiente uterino, cioè l’ambiente metabolico presente nell’utero, potrebbe essere in parte indipendente dal grado di controllo metabolico raggiunto e misurabile ad esempio con la determinazione della glicemia.
Per questo motivo i ricercatori hanno preso in esame le variazioni presenti in un tipo particolare di cellule staminali, le cellule staminali mesenchimali cordonali del gel di Wharton ( hUCMS ), localizzate nell’interfaccia materno-fetale ed isolabili in modo non-invasivo, nell’ipotesi che queste potessero dare informazioni sui meccanismi attraverso i quali diabete gravidico e l'obesità condizionano lo sviluppo del feto.

L’analisi preliminare di queste particolari cellule staminali di madri con diabete gestazionale ed obese, sottoposte a stretto monitoraggio metabolico, ha dimostrato una ridotta plasticità differenziativa di tali cellule rispetto a quelle di gestanti normopeso / normoglicemiche ( in particolare queste cellule mostrano una ridotta capacità di generare fenotipi cellulari adiposi ed ossei ).
Inoltre l’aumentata espressione, da parte di queste cellule staminali di donne obese con diabete gravidico, rispetto a quelle non-complicate, dei marcatori di immunoregolazione ( IDO, iNOS, HLA- G ) verosimilmente riflette l’esposizione ad un ambiente pro-infiammatorio materno ( confermato dai più elevati livelli di citochine pro-infiammatorie dosate nel sovranatante delle cellule in coltura ).

Le cellule staminali mesenchimali hUCMS, a livello dell’interfaccia materno-fetale, possono rappresentare un utile strumento in grado di rispecchiare l’ambiente metabolico materno. Ciò implica la possibilità di individuare altri fattori, rispetto alla sola iperglicemia, in grado di influenzare la programmazione metabolica post-natale.

Secondo Giorgio Sesti dell'Università Magna Graecia di Catanzaro, l’obesità soprattutto se complicata dal diabete gestazionale è una condizione di rischio sia per la gestante che per il neonato.
Lo studio ha analizzato il potenziale utilizzo delle cellule staminali mesenchimali cordonali del gel di Wharton come marcatore dell’ambiente metabolico materno che potrebbe permettere l’individuazione di altri fattori, oltre all’iperglicemia, in grado di influenzare la programmazione metabolica post-natale. ( Xagena_2017 )

Fonte: EASD ( European Association for the Study of Diabetes ), 2017

Xagena_Medicina_2017