Esiste evidenza per l’uso razionale dei vasocostrittori nel trapianto di fegato ?


Il trapianto di fegato costituisce un intervento chirurgico complesso effettuato in pazienti con gravi alterazioni emodinamiche correlate a ipertensione portale. Tali alterazioni fisiopatologiche dell’ipertensione portale comprendono una circolazione iperdinamica e una diminuzione delle resistenze vascolari sistemiche e della pressione arteriosa media. Anche la funzionalità cardiaca può essere compromessa a causa di una cardiomiopatia correlata alla cirrosi.

Tali cambiamenti associati alla cirrosi portano spesso ad un debole stato in cui la perfusione degli organi è minacciata e si riduce rapidamente in presenta di molti altri eventi, quali la perdita di sangue, le infezioni e l’utilizzo di farmaci che possono causare una diminuzione della pressione sanguigna. Questo può portare ad una disfunzione renale e a una ridotta perfusione di altri organi.
Inoltre, le conseguenze dirette dell’ipertensione portale comprendono anche il rischio di sanguinamento dalle collaterali porto-sistemiche sia nel tratto gastrointestinale sia durante la dissezione addominale nel trapianto di fegato.

In questo contesto, il trattamento delle alterazioni emodinamiche durante il trapianto chirurgico di fegato è un compito piuttosto scoraggiante. Approcci recenti hanno utilizzato terapie con vasocostrittori insieme a una ponderata infusione intravenosa di fluidi per mantenere la pressione sistemica e la perfusione degli organi. Vantaggi aggiuntivi di questo tipo di approccio comprendono la potenzialità di ridurre la pressione portale e quindi la gravità dell’emorragia intra-addominale durante l’operazione chirurgica, e la possibilità di aumentare il flusso sanguigno a livello renale e ridurre l’iperemia mesenterica.

Il fatto di evitare il più possibile l’uso di fluidi per mantenere la pressione sistemica mostra anche il vantaggio di ridurre la gravità dell’edema polmonare ed il rischio di re-intubazione o di intubazione prolungata dopo l’operazione chirurgica. Benché tali approcci che utilizzano vasocostrittori siano promettenti, rimangono numerosi interrogativi.

Sono attualmente scarsi gli studi controllati randomizzati utili per la messa a punto del trapianto di fegato, come quelli realizzati nella popolazione pre-trapianto. I vasocostrittori ottimali, comprese le possibili combinazioni di farmaci ed i loro dosaggi non sono ancora stati definiti con chiarezza. La maggior parte dei benefici che sono stati finora dimostrati consistono in un miglioramento dell’esito del trapianto, in termini di riduzione della necessità di trasfusione, ridotta necessità di re-intubazione, miglioramento delle condizioni emodinamiche sistemiche e riduzione della pressione portale durante l’operazione chirurgica. Tali approcci possono determinare esiti differenti in pazienti affetti da patologie epatiche di varia entità. In effetti, è stata messa in dubbio la sicurezza di minimizzare l’infusione di fluidi, insieme la terapia con vasocostrittori, in pazienti con un maggior rischio di disfunzione renale, compresi i pazienti con un elevato valore di MELD.

È necessario prendere in considerazione nei futuri studi clinici anche altri fattori oltre la gravità della patologia, quali la qualità degli organi ed il tempo di ischemia fredda. Anche un esito ottimale, che comprenda la sopravvivenza postoperatoria del paziente e la buona riuscita del trapianto, la durata della degenza ospedaliera e la funzione renale, dovrebbe essere incluso nei futuri studi sulla terapia con vasocostrittori durante il trapianto di fegato. ( Xagena_2010 )

Skagen CL, Said A, Minerva Gastroenterologica e Dietologica 2010; 56: 279-296



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