La terapia antiobesità: Fentermina, Orlistat, Sibutramina


Secondo i dati del National Center for Health Statistics, il 30% degli adulti statunitensi, circa 60 milioni di persone, è obeso.

Il sovrappeso e l’obesità aumentano il rischio di molte malattie, tra cui: ipertensione, diabete di tipo 2, malattia coronarica, ictus, osteoartrosi, malattia della colecisti, apnea notturna e patologie respiratorie, alcune forme tumorali ( endometrio, mammella, colon ).

Negli Stati Uniti sono attualmente in commercio 3 farmaci per il trattamento dell’obesità: Fentermina, Orlistat e Sibutramina.

Fentermina

La Fentermina è il più prescritto farmaco antiobesità negli Stati Uniti.
Il farmaco è stato approvato nel 1959 e trova indicazione nel trattamento di breve periodo ( generalmente 12-16 settimane ), anche se molti medici lo prescrivono per periodi più lunghi.

Non esistono studi controllati, randomizzati, che abbiano valutato l’efficacia nel lungo periodo ( almeno 1 anno ) della Fentermina.

Orlistat

Orlistat ( Xenical ) è un inibitore della lipasi che riduce l’assorbimento del grasso a livello intestinale.
Il farmaco è stato approvato negli Stati Uniti nel 1999.

Una meta-analisi ha stimato che il trattamento con Orlistat possa portare ad una riduzione del peso corporeo, in media, di 2.7 kg in 1 anno.

In generale, l’entità della perdita di peso raggiungibile con Orlistat sembra essere inferiore a quella della Sibutramina dopo 1-2 anni.

Orlistat è il solo farmaco antiobesità con uno studio controllato e randomizzato della durata di 4 anni.

Nello studio Xendos compiuto in Svezia e che ha riguardato 3305 pazienti obesi non diabetici ( il 21% presentava alterata tolleranza al glucosio ), il trattamento con Orlistat è risultato associato ad una perdita di peso a 4 anni di 3.6 kg contro 1.4 kg del placebo.
L’incidenza cumulativa di diabete mellito è stata del 6.2% con Orlistat e del 9% con il placebo; una differenza significativa nell’incidenza di diabete era rilevabile solo nel sottogruppo dei pazienti con alterata tolleranza al glucosio, al basale.

Il 15-30% delle persone che assumono Orlistat va incontro a feci oleose, o a urgenza fecale, ed il 7% riferisce incontinenza fecale, soprattutto all’inizio de trattamento.

Sibutramina

Sibutramina ( Meridia / Reductil ) è un inibitore del riassorbimento della serotonina e della noradrenalina ( SNRI ).
E’ stato approvato negli USA nel 1997.

Una meta-analisi ha stimato che il trattamento ad 1 anno con Sibutramina produce una perdita di peso media in media di 4.5 kg.

Nello studio STORM, dopo 6 mesi di trattamento in aperto, i pazienti obesi che avevano perso almeno il 5% del loro peso corporeo sono stati assegnati in modo casuale a ricevere placebo o Sibutramina per ulteriori 18 mesi.
Dei 261 pazienti che hanno completato lo studio, il 46% dei soggetti che hanno assunto Sibutramina hanno perso almeno il 10% del proprio peso corporeo, contro il 20% dei pazienti trattati con placebo.

La Sibutramina è associata ad un aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca nei pazienti obesi con e senza ipertensione.

Il farmaco è controindicato nei pazienti con ipertensione non controllata o scarsamente controllata, malattia coronarica, insufficienza cardiaca congestizia, aritmie ed ictus, ed in quelli che assumono gli inibitori della monoaminossidasi ( MAO ).
Inoltre, deve essere usata cautela quando si associa la Sibutramina agli antidepressivi SSRI ( inibitori selettivi del riassorbimento della serotonina ).

Nel marzo 2002, la vendita di Sibutramina è stata temporaneamente sospesa in Italia a causa del presentarsi di effetti indesiderati.
Successivamente, il Comitato Scientifico ( CPMP ) dell’EMEA ha ritenuto che il rapporto rischio-beneficio della Sibutramina fosse positivo, ed il farmaco è stato riammesso alla vendita.

Nell’agosto del 2005, l’FDA ( Food and Drug Administration ) ha respinto una petizione di Public Citizen Health Research Group tesa a far ritirare dal mercato la Sibutramina a causa degli effetti indesiderati. ( Xagena_2006 )

Gadde KM, Allison DB, Circulation, 2006; 114: 974-984




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