L'Acido Tranexamico non sembra associato a tromboembolismo venoso nelle donne con menorragia


I Ricercatori del Karolinska Institutet si Stoccolma, in Svezia, hanno condotto uno studio caso-controllo con l’obiettivo di valutare se l’uso di Acido Tranexamico ( Tranex ) fosse associato a un aumento del rischio di tromboembolismo venoso.

Sono state studiate donne di età compresa tra 15 e 49 anni con diagnosi di menorragia.

La regressione logistica condizionale multivariata è stata utilizzata per stimare il rischio di tromboembolismo venoso associato a diversi trattamenti farmacologici per menorragia dopo aggiustamento per fattori confondenti.

Sono state identificate in totale 134 donne con tromboembolismo venoso e 552 controlli.

L’uso recente di Acido Tranexamico è risultato scarso e ha portato a un odds ratio aggiustato per tromboembolismo venoso di 3.20.

L’uso di Acido Mefenamico ( Lysalgo ) ( OR aggiustato 5.54 ) o Noretisterone ( Primolut-Nor ) ( OR aggiustato 2.41 ) sono risultati associati a un aumento del rischio di tromboembolismo venoso, così come una recente diagnosi – in relazione a menorragia – di anemia o un valore di emoglobina inferiore a 11.5 g/dl ( OR aggiustato 2.23 ).

In conclusione, è stato osservato che l’Acido Tranexamico è associato a un aumento del rischio di tromboembolismo venoso, nonostante la stima del rischio non raggiunga la significatività statistica.
È stato osservato anche un aumento dei rischi di tromboembolismo venoso associato ad altri trattamenti per menorragia.
L’aumento del rischio di tromboembolismo venoso associato a una diagnosi di anemia – un segno di menorragia più grave – suggerisce che la menorragia potrebbe essere una condizione protrombotica.

L’associazione osservata tra tromboembolismo venoso, Acido Tranexamico e altri trattamenti per menorragia potrebbe dunque essere spiegata in parte da fattori confondenti legati all’indicazione.
La possibilità che la menorragia rappresenti di per sè un fattore di rischio merita ulteriori approfondimenti. ( Xagena_2009 )

Sundström A et al, BJOG 2009; 116: 91-97



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