Studio HORIZONS-AMI: Bivalirudina nei pazienti sottoposti ad angioplastica primaria per infarto miocardico acuto


Nello studio HORIZONS-AMI, i pazienti con infarto miocardico acuto con sopraslivellamento ST ( infarto STEMI ) sottoposti a intervento coronarico percutaneo ( PCI ) che sono stati trattati con l'inibitore della trombina Bivalirudina ( Angiox, Angiomax ) hanno avuto tassi a 30 giorni sostanzialmente inferiori per le principali complicanze emorragiche ed eventi clinici avversi rispetto ai pazienti assegnati a Eparina più un inibitore della glicoproteina IIb/IIIa ( GPI; inibitore GP IIb/IIIa ).

E’ stato valutato il mantenimento a 1 anno di questi benefici iniziali.

Sono stati arruolati in questo studio multicentrico, in aperto, randomizzato e controllato, pazienti di 18 anni o più con infarto STEMI, e con presentazione entro 12 ore dall'insorgenza dei sintomi e richiedenti PCI primario.

Un totale di 3.602 pazienti sono stati assegnati in modo casuale, in un rapporto 1:1, a ricevere Bivalirudina ( 0.75 mg/kg in bolo endovenoso seguito da 1.75 mg/kg per ora di infusione, n=1.800 ) oppure Eparina più un inibitore GP IIb/IIIa ( controllo; 60 UI/kg in bolo endovenoso seguito da boli con tempo di coagulazione attivata [ ACT ] target di 200-250 s, n=1.802 ).

I due endpoint primari erano sanguinamento maggiore ed eventi clinici avversi netti ( NACE; costituiti da sanguinamento maggiore o eventi avversi cardiovascolari maggiori compositi: MACE; mortalità, reinfarto, rivascolarizzazione del vaso target per ischemia, o ictus ).

L’analisi pre-specificata ha riportato i dati di 1 anno di follow-up, ed è stata intention-to-treat.

I dati a 1 anno erano disponibili per 1.696 pazienti nel gruppo Bivalirudina e 1.702 pazienti nel gruppo di controllo.

Il tasso di NACE è risultato più basso nel gruppo Bivalirudina rispetto al gruppo di controllo ( 15.6% vs 18.3%; hazard ratio, HR=0.83; p=0.022 ), come risultato di un più ridotto tasso di sanguinamento maggiore nel gruppo Bivalirudina ( 5.8% vs 9.2%, HR=0.61; p minore di 0.0001 ).

Il tasso di MACE è risultato simile tra i due gruppi ( 11.9% vs 11.9%, HR=1.00; p=0.98 ).

I tassi di mortalità cardiaca a 1 anno ( 2.1% vs 3.8%, HR=0.57; p=0.005 ) e di mortalità per qualsiasi causa ( 3.5% vs 4.8%, HR=0.71; p=0.037 ) si sono rivelati inferiori nel gruppo Bivalirudina rispetto al gruppo di controllo.

Dallo studio è emerso che nei pazienti con infarto STEMI sottoposti a PCI primario, una terapia anticoagulante con Bivalirudina è in grado di ridurre i tassi di eventi clinici avversi netti e sanguinamento maggiore a 1 anno rispetto al trattamento con Eparina più un inibitore della glicoproteina IIb/IIIa.

Questa scoperta ha importanti implicazioni cliniche per la selezione delle strategie di trattamento ottimali per i pazienti con infarto miocardico con sopraslivellamento ST. ( Xagena_2009 )

Mehran R et al, The Lancet 2009; 374: 1149-1159



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