Nivolumab, un inibitore del checkpoint immunitario, nel trattamento del carcinoma a cellule renali avanzato pretrattato


In passato il carcinoma del rene veniva diagnosticato quasi sempre in forma avanzata. L’uso frequente delle ecografie ha anticipato la diagnosi di questa patologia in modo rilevante.

Oggi circa il 60% dei casi di carcinoma renale è diagnosticato occasionalmente grazie a una ecografia effettuata per altri motivi.
La diagnosi cosiddetta occasionale ( questi tumori vengono definiti incidentali proprio per questo motivo ) ha portato a una rivoluzione epidemiologica importante perché consente di approcciare chirurgicamente e quasi sempre in maniera conservativa il tumore in fase precoce.
Si è quindi ottenuta una diminuzione dell’incidenza di malattia metastatica, soprattutto all’esordio.

Ciononostante circa il 25% dei casi è individuato in fase avanzata e deve essere trattato con terapie sistemiche.
Questi trattamenti fino a oggi erano caratterizzati da importanti probabilità di controllo di malattia e di risposta, ma non offrivano vantaggi in termini di sopravvivenza.

Negli ultimi anni sono state studiate molecole fortemente innovative che determinano modifiche del sistema immunitario, gli inibitori di checkpoint ( inibitori del punto di controllo del sistema immunitario ), in grado di riattivare il sistema immunitario rendendolo capace di riconoscere la cellula tumorale renale come tale.

A febbraio 2017 l’AIFA ( Agenzia Italiana del Farmaco ) ha approvato la rimborsabilità di Opdivo ( Nivolumab ), molecola anti-PD-1, nel carcinoma a cellule renali avanzato pretrattato.

Lo studio di fase III CheckMate -025, pubblicato sul New England Journal of Medicine ( NEJM ), ha evidenziato che i pazienti con carcinoma renale a cellule chiare in fase avanzata, hanno raggiunto una sopravvivenza globale mediana di 25 mesi con Nivolumab e di 19.6 mesi con Everolimus con un miglioramento di più di 5 mesi rispetto al braccio di controllo.
CheckMate -025 ha anche evidenziato che i pazienti trattati con Nivolumab avevano una migliore qualità di vita.

Gli effetti indesiderati più comuni di Opdivo ( che possono riguardare più di 1 persona su 10 ) sono: fatica, diarrea, nausea, eruzione cutanea e prurito, perlopiù di entità da lieve a moderata.
Queste reazioni avverse sono risultate anche più comuni quando Opdivo è stato impiegato in associazione con Ipilimumab ( Yervoy ).
In aggiunta, sono stati riscontrati anche piressia ( febbre ), appetito ridotto, ipotiroidismo ( attività sotto la norma della ghiandola tiroidea ), vomito, colite ( infiammazione dell’intestino ), dolore addominale, artralgia ( dolore articolare ) e cefalea.
Opdivo è inoltre solitamente associato a effetti indesiderati dovuti all’attività esercitata sugli organi dal sistema immunitario.
La maggior parte di tali effetti cessa con una terapia adeguata o con la sospensione del trattamento con Opdivo. ( Xagena_2017 )

Fonte: BMS, 2017

Xagena_Medicina_2017