L’Interferone beta non induce la formazione di autoanticorpi nei pazienti con sclerosi multipla progressiva secondaria


Poco si sa circa la potenziale capacità dell’Interferone beta ( INFbeta ) nell’indurre o nell’esacerbare la malattia autoimmune.
I dati esistenti provenienti da studi non controllati sono contraddittori e non fanno distinzione tra disfunzione autoimmunitaria, frequente tra i pazienti con sclerosi multipla, ed effetti indesiderati del farmaco.

Ricercatori dell’European Study Group on Interferon Beta-1b in SPMS hanno valutato l’impatto dell’Interferone beta sui marcatori epatici, tiroidei e su altri marcatori di autoimmunità, utilizzando i dati ottenuti da uno studio europeo multicentrico condotto in doppio cieco, che ha confrontato il placebo con l’Interferone beta nei pazienti con sclerosi multipla progressiva secondaria.

Hanno preso parte allo studio 355 pazienti sottoposti a trattamento con Interferone beta e 353 sottoposti a placebo.

Sono stati prelevati campioni di sangue al basale e ogni 6 mesi per 24 mesi ed è stata eseguita la ricerca di autoanticorpi.

Non è stata osservata alcuna differenza tra i gruppi in trattamento riguardo alla positività de novo per gli autoanticorpi.

La maggior parte delle donne era positiva agli autoanticorpi al basale e durante il trattamento.

Non è stata riscontrata alcuna correlazione tra l’innalzamento degli enzimi epatici e la formazione di autoanticorpi antinucleari, antimitocondriali, anti muscolo liscio in entrambi i gruppi di trattamento.

Le alterazioni di tipo tiroideo basate all’analisi di laboratorio, durante il periodo di studio, hanno riguardato il rapporto TG/TPO al basale, ma non sono risultate correlate al trattamento con Interferone beta.

Il trattamento con Interferone beta non ha indotto la formazione di autoanticorpi in questa popolazione di pazienti affetti da sclerosi multipla progressiva secondaria. ( Xagena_2005 )

Polman CH et al, Neurology 2005; 64: 996-1000



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