Trattamento del linfoma non-Hodgkin


I linfomi non-Hodgkin ( LNH ) vengono suddivisi in linfomi indolenti o a basso grado di malignità e linfomi aggressivi o ad alto grado di malignità.
I linfomi indolenti presentano un andamento clinico più lento, che in genere consente una lunga sopravvivenza, calcolata in anni, anche quando non si ottiene l’eradicazione della malattia.

In alcuni casi, selezionati in base alla presentazione clinica e all’età, il paziente nella fase iniziale può essere osservato in assenza di terapia ( watch and wait ) e quindi poi trattato se la malattia presenta una progressione clinica nel tempo.
Per i pazienti che necessitano di un trattamento la chemioterapia convenzionale in associazione alla radioterapia è stata per anni l’unica modalità di cura, con cui si ottenevano delle buone remissioni di malattia ma una persistente elevata incidenza di ricadute e quindi una bassa percentuale di guarigioni definitive.

Un passo avanti è stato compiuto grazie alla creazione di anticorpi monoclonali specifici diretti contro l’antigene CD20 espresso da tutti i linfomi a cellule B. Tra questi Rituximab ( MabThera ) ha ricevuto la più ampia sperimentazione clinica in termini di efficacia e sicurezza.
Nelle prime fasi di valutazione il Rituximab ha dimostrato la sua efficacia come agente singolo in pazienti ricaduti dopo chemioterapia, poi nelle fasi successive ha dimostrato la sua maggiore efficacia in combinazione con la chemioterapia convenzionale ( chemio-immunoterapia ) Quest’ultima rappresenta attualmente l’opzione di scelta per la maggior parte dei pazienti sia alla diagnosi che al momento della ricaduta, in quanto chiaramente superiore alla sola chemioterapia sia in termini di percentuali di risposta che di sopravvivenza libera da malattia.

Sebbene questi linfomi presentino elevate percentuali di remissioni con i moderni approcci di terapia, tendono a ripresentarsi anche a distanza di diversi anni.
Una riduzione significativa delle recidive con un conseguente allungamento della sopravvivenza libera da malattia è stata ottenuta con la somministrazione di Rituximab in mantenimento con infusioni trimestrali per la durata di due anni.

I linfomi aggressivi sono invece caratterizzati da un rapido decorso clinico e da una breve sopravvivenza calcolata in mesi, se non adeguatamente trattati o non-responsivi al trattamento.
Tuttavia, nonostante la loro aggressività se trattati in maniera idonea questi linfomi possono andare incontro a guarigione.

La forma più frequente è il linfoma B diffuso a grandi cellule ( DLBCL ), che rappresenta da solo circa il 40% di tutti i linfomi aggressivi.
Diversi studi hanno chiaramente dimostrato anche in queste forme il beneficio della combinazione di chemioterapia convenzionale ( CHOP ) e Rituximab ( R-CHOP ) sia nel paziente giovane che anziano con una possibilità di sopravvivenza libera da malattia a 10 anni dalla diagnosi, quindi di guarigione, in circa il 60-70% dei casi.

Il trapianto di cellule staminali autologhe ed eterologhe ( donatore ) per il linfoma non-Hodgkin. Il trapianto autologo è considerato allo stato attuale la terapia standard del paziente giovane ( fino a 65 anni di età ) in recidiva con una possibilità di guarigione in circa il 30-35% dei casi che ottengono una nuova risposta clinica a una successiva chemio-immunoterapia.
Il trapianto da donatore ( trapianto allogenico ) comporta rischi maggiori, pertanto la decisione sul suo impiego richiede una valutazione molto accurata del paziente e del suo stato di malattia.
Il trapianto allogenico risulta più efficace nei linfomi indolenti.

Nonostante i progressi compiuti nella diagnosi e nella cura dei linfomi non-Hodgkin, una certa quota di pazienti non si giova delle migliori terapie attualmente disponibili, incluso il trapianto.
Pertanto la maggior parte degli studi in corso sono rivolti alla comprensione dei meccanismi biologici, che in questi casi rendono le cellule capaci di sopravvivere nonostante il trattamento chemio-immunoterapico, e quindi alla sperimentazione di nuovi farmaci biologici mirati che siano in grado di interferire selettivamente con i suddetti meccanismi.
Tra questi in particolare Lenalidomide ( Revlimid ), farmaco biologico con proprietà immunomodulanti e Ibrutinib ( Imbruvica ), farmaco in grado di inibire selettivamente un recettore delle cellule B tumorali, hanno dimostrato di essere efficaci come agenti in monoterapia in pazienti con diagnosi di linfoma indolente o aggressivo, recidivati o refrattari alla chemio-immunoterapia convenzionale.

Attualmente, numerosi studi clinici stanno valutando l’associazione di questi nuovi farmaci biologici con chemio-immunoterapia convenzionale in pazienti con nuova diagnosi a prognosi sfavorevole, nell’intento di aumentare non solo le percentuali di remissione della malattia ma anche di guarigione a fronte di una tossicità accettabile anche nei pazienti più anziani. ( Xagena_2016 )

Fonte: Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma ( AIL ), 2016

Xagena_Medicina_2016