Carcinoma renale metastatico: Nivolumab superiore a Everolimus


Lo studio CheckMate 025 è stato disegnato con l'obiettivo di rispondere a uno specifico quesito clinico quello di validare un'alternativa terapeutica nel carcinoma renale metastatico ( mRCC ) progredito dopo terapia con inibitori della tirosin-chinasi ( TKI ).

Lo studio randomizzato di fase III, in aperto, prevedeva il confronto tra un braccio di controllo attivo con Everolimus ( Afinitor ), considerato uno standard di riferimento in questo setting, e Nivolumab ( Opdivo ).
È uno studio di superiorità con obiettivo primario un vantaggio in sopravvivenza in favore del braccio sperimentale.

Il disegno dello studio prevedeva una dimensione del campione adeguata ( 821 casi totali ), una metodologia accurata con randomizzazione 1:1, stratificazione in base all'area geografica del Centro arruolatore, la categoria prognostica di rischio del paziente ed il numero di precedenti trattamenti anti-angiogenetici.

La popolazione arruolata era ben bilanciata nei due bracci di trattamento ed era molto rappresentativa delle caratteristiche generali presenti in questi pazienti ( istologia a cellule chiare, nessuna evidenza di metastasi cerebrali e prevalenza di casi a prognosi buona o intermedia ).
Tutti i pazienti avevano ricevuto in precedenza uno ( 72% ) o due inibitori della tirosin-chinasi ( 28% ).

Lo studio ha mostrato una differenza statisticamente significativa e clinicamente rilevante a favore di Nivolumab nella sopravvivenza globale ( 25 vs 19.5 mesi; p = 0.002 ).

Il vantaggio a favore di Nivolumab è stato rilevato anche in termini di risposte obiettive ( 25% vs 5%; p inferiore a 0.001 ) e di gravità e incidenza di reazioni avverse.

Non è stata rilevata alcuna differenza nella sopravvivenza libera da progressione ( 4.6 vs 4.4 mesi; p = 0.11 ).

Secondo Giuseppe Procopio, Istituto dei Tumori di Milano, le conclusioni dello studio hanno evidenziato che Nivolumab è superiore per efficacia e tollerabilità ad Everolimus. Nivolumab diventa pertanto il trattamento di riferimento dopo fallimento di un inibitore delal tirosin-chinasi nel carcinoma a cellule renali metastatico.
L'analisi dei sottogruppi ha rilevato come solo la popolazione molto anziana ( età superiore a 75 anni ) sembra non avere beneficio da tale terapia, seppur il limitato numero di casi arruolati con queste caratteristiche potrebbe costituire un rilevante bias interpretativo.
La mancata identificazione dello status di PD-L1 quale fattore predittivo di risposta lascia aperta la questione sull'identificazione dei pazienti potenzialmente non-responsivi nonché nella costruzione di un algoritmo terapeutico basato su criteri clinici e non-molecolari.
In tal senso l'evidenza di efficacia di Cabozantinib ( Cabometyx ), rilevata nello studio METEOR, condotto in una popolazione sovrapponibile a quella dello studio CheckMate 025 e con lo stesso braccio di controllo con Everolimus, lascia aperta la discussione in merito al miglior utilizzo dei diversi agenti terapeutici in via sequenziale. ( Xagena_2015 )

Fonte: The New England Journal of Medicine, 2015

Xagena_Medicina_2015