Un aumento prolungato della frequenza cardiaca a riposo è associato ad un più alto rischio di morte


Gli uomini di media età, la cui frequenza cardiaca a riposo risulta aumentata nell’arco di 5 anni, presentano un più alto rischio di morte nei successivi 20 anni di vita rispetto agli uomini con frequenza cardiaca a riposo ridotta, o che non subisce modifiche nel tempo.

Una frequenza cardiaca a riposo è considerata normale quando i battiti cardiaci al minuto ( bpm ) sono compresi tra 60 ed 80.

Ricercatori francesi hanno esaminato 4320 uomini di età compresa tra 42 e 53 anni.
Gli uomini sono stati arruolati tra il 1967 ed il 1972 e sono stati sottoposti nei successivi 5 anni ad esami a cadenza annuale.

Il periodo osservazionale ( follow-up ) è stato di 20 anni, durante il quale 1018 partecipanti sono morti per diverse cause, tra cui per malattia cardiovascolare.

Dopo aggiustamento per fattori di rischio, quali l’età, l’attività fisica, il consumo di tabacco, l’indice di massa corporea, la pressione sistolica, la glicemia ed il colesterolo totale, i Ricercatori hanno scoperto che gli uomini con frequenza cardiaca aumentata di 7 bpm presentavano un incremento della mortalità del 47%, mentre gli uomini la cui frequenza cardiaca a riposo era ridotta di 7 bpm presentavano una riduzione della mortalità del 18%.

I Ricercatori hanno concluso affermando che la frequenza cardiaca a riposo, ed i suoi cambiamenti, potevano rappresentare un fattore di rischio indipendente di mortalità nella popolazione generale.

Secondo gli Autori, gli uomini che presentano un aumento della frequenza cardiaca a riposo nel corso degli anni dovrebbero essere sottoposti ad esame per comprendere il motivo dell’incremento della frequenza cardiaca.

Per poter assicurare una maggiore accuratezza della misurazione, il polso radiale dovrebbe essere misurato per un intero minuto, e non per i classici 15 secondi. ( Xagena_2006 )

Fonte: American Heart Association ( AHA ) – Scientific Sessions, 2006




Link: MedicinaNews.it

Cardio2006