Due farmaci agiscono in modo specifico sulla stessa proteina nella distrofia di Duchenne


Due farmaci distinti, che si sono già dimostrati efficaci contro la distrofia muscolare di Duchenne nel modello animale, vanno a colpire lo stesso bersaglio all’interno della cellula muscolare.

Questo è quanto rivela uno studio,  pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Science ( PNAS ), condotto da Claudia Colussi dell’Irccs Centro Cardiologico Monzino di Milano e frutto di una collaborazione con Pier Lorenzo Puri, ricercatore dell’Istituto Telethon Dulbecco, e il gruppo di ricerca coordinato da Carlo Gaetano del Laboratorio di Patologia Vascolare presso l'Istituto Dermopatico dell’Immacolata di Roma.

Lo studio ha dimostrato come sia gli inibitori delle deacetilasi sia l’Ossido nitrico agiscano entrambi sulla stessa proteina presente nelle fibre muscolari: l’istone deacetilasi HDAC2 ( membro di una famiglia che conta almeno 11 membri ), fondamentale per la regolazione di geni implicati nella crescita e nel mantenimento in buona salute delle cellule muscolari scheletriche. Il risultato è molto importante, perché mette in luce una forte correlazione tra due distinte terapie farmacologiche per la distrofia muscolare di Duchenne di cui si sta attualmente valutando l’efficacia sull’uomo.

Entrambe le terapie agiscono a valle del danno genetico responsabile della malattia, ovvero l’assenza o l’alterazione della distrofina. Pur non correggendo il difetto, sono infatti in grado di bloccare o quantomeno rallentare l’evoluzione della distrofia, per esempio riducendo la degenerazione e la perdita di massa muscolare e favorendo la rigenerazione dei muscoli. In particolare, gli inibitori delle deacetilasi agiscono ottimizzando un tentativo di riparazione spontanea messo in atto dagli stessi muscoli distrofici, come già dimostrato nel modello animale della malattia in un precedente lavoro degli stessi Autori pubblicato su Nature Medicine nel 2006.

L’Ossido nitrico, invece, ripristina nei muscoli distrofici alcuni segnali interrotti proprio dall’assenza della distrofina, e il recupero di questi segnali determina effetti benefici sovrapponibili a quelli degli inibitori delle deacetilasi. È importante sottolineare come studi indipendenti pubblicati precedentemente abbiano mostrato come entrambi i trattamenti determinassero l’aumento della massa muscolare attraverso tramite follistatina, una proteina che stimola la rigenerazione muscolare. Questa osservazione è alla base di nuovi interventi farmacologici per il trattamento delle distrofie muscolari che sono quasi arrivati in fase di sperimentazione sull’uomo.

Rispetto alla terapia genica e cellulare, la terapia farmacologica ha un grosso vantaggio: è facile da somministrare e può raggiungere con facilità tutti i muscoli del corpo. Questo vantaggio, però, è anche un limite, perché il farmaco potrebbe provocare effetti collaterali anche gravi agli altri organi e tessuti. Ed è proprio in questo senso che il risultato descritto nel lavoro di Colussi, Puri e collaboratori apre prospettive incoraggianti: sapere che due farmaci diversi colpiscono in maniera selettiva lo stesso bersaglio indica come siamo di fronte a una strategia terapeutica specifica, mirata e quindi potenzialmente meno tossica.

A questo punto i ricercatori si muoveranno lungo due strade: da una parte sviluppare nuove molecole ibride ( risultato cioè della fusione fra donatori di ossido nitrico e inibitori delle deacetilasi ) per ottenere azioni terapeutiche più efficaci e durature nel tempo, dall’altra approfondire identificare il tipo di cellule staminali muscolari e i geni chiave che possono essere manipolati da questi interventi farmacologici, in modo da aumentarne efficacia e specificità. ( Xagena_2008 )

Fonte: Telethon, 2008



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